Un rapporto statunitense sulle carceri italiane

Ogni anno il Dipartimento di Stato americano pubblica un report sui diritti umani nei paesi Onu. Lo fa servendosi di diverse fonti. Per approfondire il tema delle carceri una di queste fonti è la nostra associazione. Ecco cosa dice quello relativo al 2020

Associazione Antigone
5 min readMay 17, 2021

di Sofia Antonelli

Lo scorso 30 marzo il Dipartimento di Stato americano — il corrispettivo del nostro Ministero degli Esteri — ha pubblicato i country reports on human rights practices per il 2020.

Realizzati ogni anno dall’Ufficio per la democrazia, i diritti umani e il lavoro, i rapporti descrivono lo stato dei diritti individuali, civili, politici e dei lavoratori per tutti i paesi membri delle Nazioni Unite. Ogni rapporto viene redatto sulla base di informazioni provenienti da diverse fonti. Tra queste, ambasciate e consolati statunitensi all’estero, funzionari dei governi locali, organizzazioni internazionali e organizzazioni non governative. Per il rapporto sull’italia, Antigone è una di queste fonti.

Il rapporto è composto da sette sezioni, ognuna dedicata a una specifica categoria in materia di diritti umani. Analizziamo in questa sede la prima, dedicata al rispetto per l’integrità della persona, e in particolare i paragrafi sui presunti abusi commessi da parte di agenti di polizia penitenziaria ai danni di persone detenute, sulle condizioni di detenzione delle carceri italiane e sulle principali criticità riscontrate in materia di giustizia penale.

In tema di tortura e maltrattmenti, il rapporto apre affermando che nonostante la Costituzione e — dal 2017 — la legge vietino tali pratiche, diverse sono state le segnalazioni negli ultimi anni. Vengono richiamti in primis gli esiti della visita condotta in Italia dal Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d’Europa nel marzo 2019: nello specifico, le presunte violenze subite da persone detenute nelle carceri di Saluzzo, Biella, Milano Opera e Viterbo. Se nei primi tre istituti il Comitato racconta di aver ricevuto alcune segnalazione di maltrattamenti fisici commessi da agenti di polizia penitenziaria, nel carcere di Viterbo le segnalazioni sono state assai più numerose. Anche Antigone denunciava in quei mesi gli abusi commessi nell’istituto viterbese. Diversi detenuti scrissero all’associazione tra il 2018 e il 2019 raccontando gravi episodi di violenza commessi dal personale penitenziario. Per i maltrattamenti subiti da due detenuti, Antigone ha presentato un esposto. Attualmente le indagini sono ancora in corso.

Il rapporto racconta poi la presunta rappresaglia messa in atto lo scorso anno da decine di agenti di polizia penitenziaria nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Tutto iniziò il 5 aprile 2020 quando la diffusione della notizia di un detenuto risultato positivo al Covid-19 diede vita ad una protesta all’interno dell’istituto del casertano. Volta a richiedere la distribuzione di dispositivi di protezione individuale, la protesta si concluse in tempi brevi anche grazie alla promessa di un colloquio con il magistrato di sorveglianza avvenuto poi il giorno successivo. Secondo numerose testimonianze, nonostante in istituto fosse già tornato l’ordine, il pomeriggio del 6 aprile gli agenti di polizia penitenziaria sarebbero entrati in tenuta antisommossa prendendo i detenuti a schiaffi, calci, pugni e colpi di manganello. Anche in quel caso Antigone fu raggiunta da diverse segnalazioni, questa volta dai parenti dei detenuti. Alcune di esse raccontavano di detenuti costretti a spogliarsi, poi insultati e picchiati. Vari detenuti, dopo il pestaggio, sarebbero stati costretti a radersi barba e capelli. Antigone ha pochi giorni dopo depositato un esposto all’autorità giudiziaria per ipotesi di tortura e percosse commesse dalla polizia penitenziaria e per ipotesi di omissione di referto, falso e favoreggiamento da parte dei medici dell’istituto.

La prima sezione continua raccontando le condizione di detenzione degli istituti di pena italiani. Se tutto sommato l’Italia rispetta i principali standard internazionali, molte sono le carceri sovraffollate e in condizioni fatiscenti. Richiamando il XVI rapporto di Antigone, viene segnalata l’assenza dello spazio minimo per detenuto — pari a 3 m² — nelle celle di 25 istituti penitenziari sui 98 visitati dall’associazione nel corso del 2019.

Citando poi il pre-rapporto pubblicato da Antigone ad agosto 2020, si evidenza come nonostante la riduzione delle presenze in carcere vi siano istituti con tassi di sovraffollamento superiori al 170%, in piena emergenza sanitaria.

Foto dal web-doc Inside carceri realizzato da Antigone e Next New Media

La sezione passa poi ad analizzare quanto accaduto nelle carceri italiane nel corso del 2020. Si è trattato senza dubbio di un anno particolarmente difficile. La mancanza di attività e gli scarsi contatti con il mondo esterno hanno contribuito a creare un clima di maggiore sofferenza all’interno degli istituti di pena. Sofferenza in alcuni casi esternata in atti di autolesionismo. Come raccontato nel nostro ultimo rapporto, “Oltre il virus”, numerosi sono stati anche i casi di sucidio nel corso dell’anno. Nel 2020 la relazione fra numero di suicidi e numero di persone detenute mediamente presente è risultato significativamente superiore agli anni passati, attestandosi a 11 casi di suicidio ogni 10.000 persone. Erano quasi vent’anni che non si registrava un numero così alto.

Il report statunitense segnala inoltre come in diverse occasioni, l’assistenza sanitaria nelle carceri, compresa la diagnosi, il trattamento e il supporto psichiatrico, sia risultata insufficiente. Viene riportata poi la preoccupazione espressa da diverse associazioni per la capacità di arginare la diffusione del virus all’interno delle carceri, dove molti detenuti sono costretti a convivere in spazi assai ristretti.

La prima sezione del rapporto cita infine le proteste scoppiate all’inizio dell’emergenza sanitaria in 49 istituti penitenziari durante le quali tredici persone detenute persero la vita. Tutte le morti sono state generalmente imputate a overdose di psicofarmaci e metadone. Le cause dei decessi sono però ufficialmente ancora in fase di accertamento, soprattutto per quando riguarda eventuali ipotesi di omissione di soccorso e trasferimenti disposti già in presenza di situazioni di salute critiche. Per il decesso di nove persone detenute nella Casa Circondariale di Modena, il 18 marzo 2020 Antigone ha depositato un esposto contro gli agenti polizia penitenziaria ed il personale sanitario per omissioni. Il 26 febbraio la Procura della Repubblica ha avanzato richiesta di archiviazione, ritenendo escluso qualsiasi profilo di responsabilità in merito al decesso dei detenuti. Il 19 marzo Antigone ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione.

In tema di giustizia penale, il rapporto segnala come principali criticità l’eccessivo ricorso alla carcerazione preventiva e l’eccessiva durata dei procedimenti.

Per quanto riguarda la custodia cautelare in carcere, si sottolinea come le autorità giudiziarie optino spesso per la durata massima prevista dalla legge per un determinato reato. Altra grave questione è la mancata concessione degli arresti domiciliari dovuta all’assenza di un’abitazione e la carenza di strutture sul territorio destinate ad ospitare persone in misura cautelare.

La sezione riporta infine le numerose critiche mosse sia a livello nazionale che europeo all’eccessiva durata dei procedimenti penali in Italia. Il gran numero di casi legati a reati di droga e immigrazione in attesa di giudizio, la mancanza di rimedi giudiziari, l’alto numero di detenuti stranieri e l’insufficiente digitalizzazione degli atti processuali. Queste secondo il rapporto le principali cause dei lunghi tempi del sistema giudiziario. Lentezze che si riflettono inevitabilmente sulla composizione della popolazione detenuta. Ad oggi, circa il 68% delle persone detenute sono state condannata in via definitiva. Le restanti sono quindi in carcere a titolo preventivo. Di queste, quasi la metà in attesa ancora di primo giudizio.

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