Le modifiche al codice della strada e la guerra alle droghe

Nel provvedimento, fortemente voluto dal Ministro Salvini, si interviene anche sulla guida in stato di alterazione psicofisica, introducendo l’elemento della positività ai test come giustificazione per il ritiro della patente. Tuttavia, nel caso delle droghe, questi test possono dare risultati positivi anche se l’assunzione è avvenuta giorni prima e, al momento di mettersi al volante, la persona è nel pieno delle sue funzioni. Un attacco ai consumatori di sostanze, che ha ben poco a che vedere con la sicurezza stradale.

Associazione Antigone
6 min read6 days ago

di Maria Pia Scarciglia, Reponsabile politiche sulle droghe di Antigone

Il nuovo codice della strada è legge dopo l’approvazione di Camera e Senato dove il testo è stato votato senza particolari problemi e con buona pace dei molti emendamenti presentati dalle opposizioni. Si attende la ratifica del Presidente della Repubblica che consentirà la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dove decorsi 15 giorni diverrà legge.

Il testo è stato fortemente voluto dal Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini il quale, sin dal suo insediamento, aveva annunciato la stretta in tema di sicurezza stradale in particolare sull’uso dei cellulari, dei monopattini, dei limiti di velocità e della guida in stato di alterazione psicofisica contemplata all’art. 187 del codice della strada.

Le novità introdotte sono molte, alcune delle quali riguardano condotte legate specificamente alla guida, altre invece si concentrano sulla limitazione dell’uso di autovelox, limiti di velocità nelle aree urbane, dei dispositivi da installare sulle vetture come alcool kit per i recidivi e sull’abbandono di animali. Se nelle intenzioni del Ministro Salvini al centro della riforma vi è il tema della sicurezza e dell’educazione stradale è opportuno rilevare che i correttivi apportati non vanno nella direzione sperata anche alla luce dei dati Istat che parlano di una lieve flessione degli incidenti per guida in stato di alterazione psicofisica. L’Istat individua tre cause accertate o presunte alla base degli incidenti stradali. Nel 40% dei casi questi dipendono dalla guida distratta, poi vi sono il mancato rispetto della precedenza e la velocità troppo elevata. Nel primo trimestre del 2024 duecentomila controlli con l’etilometro da parte delle forze dell’ordine evidenziavano che 5.000 persone erano in stato d’ebrezza mentre 500 in stato di alterazione psicofisica. Naturalmente il dato andrebbe letto in modo trasversale rispetto ai numeri dei consumatori di alcool, le cui politiche godono in Italia di una certa tolleranza a dispetto dell’allarme lanciato più volte dall’OMS per i gravi rischi alla salute e alla società in generale.

Rispetto al tema dei monopattini è certamente positivo l’intervento per una migliore regolamentazione, così come i limiti per i neo patentati rispetto alle auto particolarmente potenti.

Apprezzabile anche sul piano etico l’intervento in tema di abbandono di animali, molto meno la previsione dell’aumento delle pene nel caso in cui l’animale venga abbandonato “su strada o nelle relative pertinenze”, con la previsione della sospensione della patente da sei mesi a un anno e fino a 7 anni di galere nel caso l’abbandono provochi un incidente stradale con morti o feriti. Una risposta per quanto condivisibile nell’ottica di una maggiore tutela e promozione del rispetto degli animali che spalancherà le porte del carcere con un intervento che, ancora una volta, ricorre all’arma penale per dirimere e governare fenomeni sociali.

Va da sé che la fatica maggiore del Ministro Salvini è stata tutta rivolta al tema delle droghe e della guida in stato di alterazione psicofisica. Una vera ossessione del governo Meloni che non perde occasione per rilanciare la war on drugs abbandonata da tempo sin anche dal neo Presidente statunitense Donald Trump, il quale ha dichiarato di non voler modificare le attuali politiche di legalizzazione. In effetti, quella di inasprire il trattamento sanzionatorio per la giuda in stato di alterazione psicofisica (visto che nel novellato art 187 C.D.S., viene cancellata la parola alterazione psicofisica, che lascia il posto al concetto della “positività”, decisamente più labile e meno scientifico) è la spia di un governo che stigmatizza e persegue con vigore molto di più l’uso di cannabis che quello dell’alcool. Il disposto prevede una sorta di ergastolo della patente per chiunque venga trovato positivo alle droghe, considerato che sarà sufficiente risultare positivo ai test salivari perché scatti la revoca della patente e non sarà possibile conseguirne una nuova prima di 3 anni. Gli agenti di polizia avranno facoltà di effettuare, direttamente sul luogo del controllo, un prelievo di saliva, con modalità che saranno fissate da apposite direttive del ministero dell’Interno e nel caso in cui non sia possibile, gli agenti di polizia potranno accompagnare per i prelievi il conducente in strutture sanitarie fisse o mobili, pubbliche o del privato accreditato, come prevede oggi l’attuale normativa. Se l’esito è positivo, ma non si ha ancora l’esito degli esami effettuati da laboratori accreditati, le Forze dell’Ordine potranno in via assolutamente cautelare ritirare la patente. A parte il rimando a direttive ministeriali, non convince affatto la scelta di affidare ad un test salivare la prova della positività. Senza scomodare la scienza medica è nota la genericità dei test salivari. A tale proposito non mancano interessanti pronunce giurisprudenziali anche delle sezioni unite che ribadiscono la necessità di ottenere riscontri certi rispetto all’uso di sostanze anche nel caso di incidente stradale.

Repetita iuvant

“Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187 cod. strada non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, essendo necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione psico-fisica causato da tali sostanze. Lo stato di alterazione, laddove non vi sia un accertamento medico sul punto, può essere ritenuto provato in forza di elementi sintomatici relativi alla condizione soggettiva del conducente, inerenti al momento del fatto. Ne consegue dunque che lo stato di alterazione psico-fisica da assunzione di sostanze stupefacenti non può essere desunto dalla mera verificazione di un incidente coinvolgente ovvero provocato dal soggetto agente, in assenza di elementi sintomatici, in ipotesi anche inerenti alle modalità di verificazione del sinistro, tali da far desumere, all’esito di un processo logico inferenziale, la detta condizione soggettiva del conducente al momento del fatto, cioè al momento della guida del veicolo”.

È pacifico affermare la sussistenza della guida in stato di ebbrezza alcolica allorquando vi sia una prova dell’ebbrezza, nel senso che il conducente del veicolo abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nell’art. 186 co. 2, cod. strada, per affermare la sussistenza del reato contravvenzionale di cui all’art. 187 è necessario sia un accertamento tecnico-biologico, attraverso cui provare la situazione di alterazione psicofisica, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psicofisica (Corte di Cassazione Sez. 4, n. 7270 del 10/11/2009 dep. 2010). Tale vastità probatoria è a garanzia dell’imputato, poiché la presenza di stupefacenti (è noto) permane nel tempo, sicché l’esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione ad un soggetto che ha assunto la sostanza nei giorni pregressi la guida e che, pertanto, non si trova al momento del fatto in una condizione psicofisica di alterazione. Attraverso un ragionamento assolutamente inferenziale la Suprema Corte investita della questione aveva fissato dei principi anche a tutela dei diritti delle persona che nel giudizio di bilanciamento tra sicurezza pubblica e diritti inviolabili richiedono sic et simpliciter che l’alterazione di cui all’art. 187 c.d.s. esige una indagine più appropriata di uno stato di coscienza modificato e tangibile dall’assunzione di sostanze stupefacenti, che non coincide necessariamente con una condizione di intossicazione. (Sez. 4, n. 16895 del 27/3/2012).

Dunque, se l’operazione è quella di mettere sul medesimo piano la norma (che impone il riscontro sui liquidi biologici) con il principio del libero convincimento del giudice, a fronte di un accertamento positivo sui liquidi biologici, lo stato attuale di alterazione può essere provato valorizzando elementi sintomatici esterni e sintomatici ritenuti utili per neutralizzare quella valenza dimostrativa equivoca propria dell’esame sulle urine. In particolare, si è ritenuto che lo stato di alterazione del conducente non debba essere necessariamente accertato attraverso l’espletamento di una specifica analisi medica, i cui riscontri non offriranno mai il dato sul tempo certo di assunzione, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici dimostrativi e degli altri elementi raccolti, nonché del contesto in cui il fatto si è verificato. Ebbene, nella realtà accade che procedimenti penali per violazione dell’art 187 c.d.s., vengono spesso definiti con decreti di archiviazione per le ragioni sopra evidenziate, ovvero la mancanza di un quadro probatorio assoluto che confermi la condizione di alterazione del soggetto al momento del fatto. Per tali ragioni crediamo che il novellato articolo renderà ancora più arbitraria l’applicazione delle norma, finendo con intasare gli uffici giudiziari, moltiplicare il lavoro all’Ufficio patenti presso le Prefetture e decuplicare quello delle Commissione mediche patenti.

L’educazione stradale, come quella sentimentale, promossa da più parti perché divenga materia di studio nelle scuole, è un percorso in cui le scelte di ognuno di noi fanno la differenza e rappresenta senza dubbio la cifra di una società che insieme riconosce il valore del rispetto delle regole e del vivere comune.

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