Fumo e carcere: due problemi e una soluzione

Il secondo approfondimento della nostra serie “Salute e carcere” , realizzata insieme al Segretariato Italiano Studenti di Medicina, prende in riferimento il tabagismo. L’uso di sigarette in carcere è maggiore che all’esterno — perché danno un senso di libertà, perché aiutano la socialità, per la situazione di dipendenza di tanti detenuti. Eppure in tanti vorrebbero smettere. Cosa che farebbe bene sia a chi fuma sia ai tanti, compreso il personale, che subiscono gli effetti del fumo passivo in ambienti spesso poco aerati.

Associazione Antigone
6 min readAug 20, 2019

di Elio Gentilini e Francesco Franz

Credit: Inside Carceri, web-reportage realizzato da Antigone e Next New Media

Il tabagismo all’interno dei luoghi di detenzione è un problema di salute pubblica di primo piano. La letteratura medica anglosassone ha mostrato come la dipendenza dal tabacco sia 4 volte più diffusa tra le persone ristrette che tra quelle libere (1–2–3). Gli studi sul fumo nelle carceri italiane sono pochi. Tra questi meritano di essere citati “Il monitoraggio della salute dei detenuti nel carcere di Trento” e “L’indagine PASSI in carcere” (4), approvata dall’Istituto Superiore di Sanità. Dalla prima ricerca è emerso come nel carcere trentino il 72% della popolazione carceraria sia fumatrice: un dato in linea, se non superiore, a quelli rilevati dalla letteratura medica straniera. Da un’altra ricerca, consultabile nella “Relazione sulla situazione penitenziaria in Emilia-Romagna” (5), emerge che il 27% dei nuovi ingressi in carcere negli anni 2015–2017 è rappresentato da fumatori. Sono numeri che probabilmente sottostimano l’effettiva portata del fenomeno. Il fumo è spesso percepito come qualcosa di normale, con la conseguenza che spesso il detenuto-paziente non si cura di citarlo quando si fa il quadro sulla sua situazione medica, né il medico lo riporta sempre nella raccolta anamnestica di routine. All’interno del carcere, poi, è considerato ancora più normale.

Le cause di una così ampia diffusione dell’abitudine al fumo possono essere ricondotte all’interno di tre matrici o griglie di lettura: una psicologica, l’altra sociale, e la terza direttamente riconducibile al fenomeno delle dipendenze. Le cause di natura psicologica possono andare oltre il semplice stress della vita ristretta. La sigaretta può rappresentare in effetti uno dei pochi momenti di libertà all’interno di un ambiente fortemente costrittivo (4–6). Come e più che all’esterno, fumare una sigaretta può poi essere una risposta al desiderio di socialità (6), in un luogo in cui essa è più carente che all’esterno. Anche in carcere nei processi di socializzazione si manifesta il bisogno di accettazione da parte dei pari. Questo bisogno di compiacere i propri pari può diventare predominante rispetto ad altri bisogni, rendendo stressante il processo di socializzazione e causando così un più forte propensione al fumo, che secondo il senso comune riduce lo stress (7). In ultimo bisogna considerare che le persone dipendenti da sostanze sono ampiamente rappresentate tra coloro che incappano nel sistema penale. Tale dipendenza porta con sé un alto rischio di diventare fumatori, quando non lo si è di giù. Il fenomeno delle tossicodipendenze dietro le sbarre è ben mostrato dal XV Rapporto di Antigone: “su 14.706 ristretti con problemi di tossico-dipendenza, coloro i quali hanno un’accertata diagnosi di dipendenza sono il 77% e i consumatori senza diagnosi e con problemi droga-correlati sono il 23% (9)”.

Nonostante questo intreccio così stretto e profondo tra vita in carcere e abitudine al fumo, il desiderio di smettere di fumare è presente tra i detenuti. Secondo la già citata ricerca condotta nella casa circondariale di Trento, il 40% dei fumatori ristretti ha manifestato il desiderio di smettere di fumare. Bisognerebbe implementare maggiormente le politiche sanitarie che aiutino i detenuti a smettere di fumare. Sulle modalità con cui perseguire questo importante obiettivo di salute pubblica ci sono chiaramente molte possibilità. Nella casa circondariale “Sollicciano” di Firenze, ad esempio, nel 2016, sono state introdotte le sigarette elettroniche (12). Attraverso il “sopravvitto”, cioè l’acquisto di beni di consumo in carcere, è divenuto stato possibile sostituire le sigarette tradizionali con quelle elettroniche. Nonostante le controversie scientifiche sui suoi reali benefici, la sigarette elettronica avrebbe contribuito a diminuire la piaga del fumo passivo, che rappresenta un problema di proporzioni comparabili a quelle assunte dal fumo “attivo” (13). Questi problemi coinvolgono anche il personale penitenziario, che in alcuni casi, come quello abruzzese non ha mancato di sottolineare come le condizioni di aerazione pessime causino questo tipo di disagio (15). Il fenomeno coinvolge quindi la popolazione penitenziaria non semplicemente intesa come coloro che vivono all’interno del carcere da detenuti, ma che comprende anche chi ci lavora.

Strumenti diversi dall’introduzione della sigaretta elettronica per contrastare il tabagismo sono chiaramente i progetti appositi per sostenere chi effettivamente vorrebbe smettere di fumare, ma non riesce, o quelli volti alla sensibilizzazione sui rischi legati al fumo, sia passivo che attivo. Tra questi basti citare quello promosso dalla LILT di Bologna nell’istituto penitenziario per minori del Pratello, con il quale diversi operatori sanitari sono entrati in carcere e hanno organizzato una giornata d’incontro sul tema, coinvolgendo il 70% dei ragazzi detenuti (6). Si tratta di azioni previste dalle linee di indirizzo nel DPCM 1 aprile 2008, punto b, il quale prevede la necessità di una prevenzione primaria, secondaria e terziaria, attraverso progetti specifici, per patologie e target diversificati di popolazione, in rapporto all’età, al genere, e alle diverse etnie. Anche la ASL di Lanciano-Vasto-Chieti ha avviato un progetto di monitoraggio del fumo attivo e passivo, prima in una casa circondariale femminile, poi per tutta la popolazione detenuta della provincia, con l’intenzione di attivare un servizio di prevenzione per i danni del fumo (17).

Se il carcere, come prevede la Costituzione, è legittimo solo laddove contribuisce al reinserimento delle persone detenute, non è possibile ignorare le condizioni di chi vive al suo interno, in primis quelle legate al diritto alla salute. Gli obiettivi di salute pubblica riguardanti la popolazione detenuta devono coincidere anche nella pratiche con quelli che riguardano cittadini in stato di libertà, avendo entrambi pari dignità rispetto al bisogno di cura.

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BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA:

(1) The smoking behaviors of incarcerated smokers, Pamela Valera,1 Andrea Reid,1 Nicholas Acuna,1 and Daniel Mackey2

(2)Cigarette Smoking Among Inmates by Race/Ethnicity: Impact of Excluding African American Young Adult Men From National Prevalence Estimates, Sara M. Kennedy, MPH,1 Saida R. Sharapova, MD, MPH,2Derrick D. Beasley, MPH,3 and Jason Hsia, PhD2

(3) Predictors of current need to smoke in inmates of a smoke-free jail, J.PaulVoglewedeJr.Nora ENoel

(4) Il monitoraggio della salute dei detenuti nel carcere di Trento. L’indagine PASSI in carcere (2016), Pirous Fateh-Moghadam¹, Laura Battisti¹, Stefania Pancher², Pierino Anesin², Chiara Mazzetti², Claudio Ramponi² e Silvio Fedrigotti¹

¹Dipartimento Salute e Solidarietà Sociale, Provincia Autonoma di Trento;

²Distaccamento presso la Casa circondariale di Trento dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari

(5) http://sociale.regione.emilia-romagna.it/documentazione/pubblicazioni/prodotti-editoriali/2018/relazione-sulla-situazione-penitenziaria-in-emilia-romagna-anni-2015-2017/@@download/publicationFile/7_Relazione%20sulla%20situazione%20penitenziaria%20ER%202015-2017.pdf.

(6)http://www.ristretti.it/areestudio/salute/inchieste/tabagismo.htm

(7) http://www.cjcj.org/uploads/cjcj/documents/doing_jail.pdf

(8) Smoke ’em if you got ’em: cigarette black market in U.S. prison and jails, Stephen E. Lankenau

(9) http://www.antigone.it/quindicesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/droghe-e-dipendenze/

(10) Associations between cigarette smoking and cannabis dependence: A longitudinal study of young cannabis users in the United Kingdom, Chandni Hindocha,a,⁎ Natacha D.C. Shaban,a Tom P. Freeman,aRavi K. Das,a Grace Gale,a Grainne Schafer,a Caroline J. Falconer,cCelia J.A. Morgan,a,b and H. Valerie Currana

(11) The Relationship Between Marijuana and Conventional Cigarette Smoking Behavior From Early Adolescence to Adulthood, Allison N. Kristman-Valente,a Karl G. Hill,a Marina Epstein,a Rick Kosterman,aJennifer A. Bailey,a Christine M. Steeger,a Tiffany M. Jones,aRobert D. Abbott,b Renee M. Johnson,c Denise Walker,d and J. David Hawkinsa

(12) https://www.sigmagazine.it/2016/12/detenuti/

(13)https://www.aduc.it/comunicato/civilta+nelle+carceri+sigaretta+elettronica_28249.php

(14) http://www.antigone.it/quindicesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/insalubri-la-salute-incarcerata/

(15) https://www.polpenuil-abruzzo.it/attachments/article/158/11_2018%20impianti%20di%20aerazione%20PRAP.pdf

(16) https://www.legatumoribologna.it/news/liberi-dal-fumo-progetto-con-carcere-minorile&newsCorrenti=N

(17) http://lnx.asl2abruzzo.it/asl/news/59-il-vizio-del-fumo-in-carcere-quanto-e-faticoso-per-le-donne-smettere.html

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